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 Sull'identità
 2016 - 2018

Incontri, laboratorio, performance. Il nuovo progetto creativo di Muxarte, “Sull'identità” si articola in più fasi.

Conoscersi, credere di essere ciò che non siamo, sfuggire la realtà, osservarsi attraversando lo sguardo degli altri, sottovalutarsi, sovrastimarsi. “Sull'identità” è un percorso d'indagine che si svolge nel trienno 2016 - 2018. Il movimento -la danza - è il mezzo che si è scelto per comunicare. Il corpo parla e lo fa anche passivamente e indirettamente. Non c'è modo migliore per raccontare chi siamo fino a svelare la nostra identità. Aspetti sconosciuti a noi stessi ma che gli altri paradossalmente possono cogliere.

Prima Tappa

Sull'Identità

(creazione per due danzatori)

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Seconda Tappa

Sull'Identità (nell'infinito vortice del relativismo)​

9 - 20 Maggio 2016

Laboratorio/spettacolo tenuto da Giuseppe Muscarello

Progetto e regia Giuseppe Muscarello | assistente alla regia Federica Marullo | con – Cristiana D’Apolito | Rossella Guarneri | Stefania Ventura | Gisella Vitrano | Ilenia Modica | Ludovica Messina | Giulia Santoro | Salvo Ceraulo | Giorgia Bennici | Valentina Marotta. Una produzione Muxarte con la collaborazione di Teatro Mediterraneo Occupato.

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Obiettivo è stato lo studio dell'identità, ripercorrendo una delle opere più rappresentative e complete di Luigi Pirandello: "Uno Nessuno e centomila", la vicenda di Vitangelo Moscarda e la ricerca della vera identità di Dida, personaggio-chiave da cui ha origine l'intero dramma romanzesco.

 

Il laboratorio, che si svolto dal 9 al 20 maggio - dalle ore 17:00 alle 20:00 tutti i giorni con performance finale il 21 e 22 maggio - presso il Tmo, Teatro Mediterraneo occupato, Via Martin Luther King, Palemo.

Terza Tappa

(L'itinerario)

laboratorio/spettacolo

(creazione per otto danzatori)

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Foto - Daria Cillari

Quarta Tappa

Gengè

(L'essenza)

Giocare sull’identità con Giuseppe Muscarello al TMO, ma non solo

di Vincenza Di Vita - (ATEATRO webzine di cultura teatrale)

Pubblicato il 23/06/2016 

 

Divertimento, gioia e gioco, sono le tre possibilità trasmesse al pubblico dai performer danzatori, attori e curiosi non professionisti, date dall’esito di una possibilità segnica andata in scena nelle serate del 21 e 22 maggio. La produzione di Muxarte è stata in questo caso supportata dal Teatro Mediterraneo Occupato di Palermo. Il TMO sta divenendo, con sempre maggiore attenzione e cura, un vero e proprio incubatore di produzioni e laboratori e ha ospitato eccellenze del teatro contemporaneo. Gli organizzatori sono sempre più orientati verso la formazione e la ricerca, come dimostrano i percorsi finora intrapresi, con artisti italiani di respiro internazionale, votati al confronto e alla ricerca condivisa. Il laboratorio-spettacolo Sull’identità è la seconda tappa di un progetto già avviato nei mesi precedenti. Gengè era la prima parte di uno studio che fa parte della ricerca sulla riflessione identitaria, a partire dall’opera pirandelliana Uno, nessuno e centomila e in particolare dalla considerazione sul protagonista Vitangelo “Gengè” Moscarda:

“Non mi conoscevo affatto, non avevo per me alcuna realtà mia propria, ero in uno stato come di illusione continua, quasi fluido, malleabile; mi conoscevano gli altri, ciascuno a suo modo, secondo la realtà che m’avevano data; cioè vedevano in me ciascuno un Moscarda che non ero io non essendo io propriamente nessuno per me: tanti Moscarda quanti essi erano.”

La danza può indubbiamente meglio comprendere e descrivere “la destabilizzazione corporea” subita dall’individuo nella società contemporanea, sempre più asservita a logiche lontane dalla preservazione della identità del singolo. il corpo umano si sdoppia con la presenza in scena di due ballerini: oltre a Muscarello nell’allestimento realizzato lo scorso aprile nello Spazio Mil di Sesto San Giovanni, troviamo infatti anche Simone Zambelli. A Palermo, al TMO, in una bella prova laboratoriale, moduli corporei, segnali e codici ben definiti, governati da un fischietto dalla regia, sono serviti a scandire sequenze e velocità. Mani e volti, una coscia o una ciocca di capelli s’intravedono facendo capolino dalle quinte, stuzzicando l’occhio curioso degli spettatori in attesa, poco prima dell’inizio. Poi un lungo bastone fa sì che si possano raccogliere gli abiti distribuiti sulla scena vuota, da dietro le quinte, per non mostrarsi nudi al pubblico. Poi finalmente in scena. Il pudore viene sfidato attraverso la frenesia di danze, smorfie, una mazurka o la simulazione di personaggi stereotipati: un giornalista, militari in marcia, maestri di improbabili arti marziali, giochi di coppia… Il ritmo può essere generato nel silenzio dalla sequenza di una sigaretta accesa e spenta, dunque uno sputo, poi un mucchio di corpi indefiniti in assetto da fotoshooting, ammiccanti nei confronti del pubblico, spezzati nella loro coralità, ora dal ritornello di Ragione e sentimento di Maria Nazionale, ora da un feroce e cattivo cambio musicale che suggerisce una sfilata da soubrette superficiali e snob. Infine ci si strappa la maschera per indossarne di nuove, con un twist sulle note di Storia d’amore di Adriano Celentano o facendo cantare per gioco la propria ombra, animandola con il disegno del proprio alluce destro sospeso, su incomprensibili parole che ricordano il brano White whale dei Beirut. Forse la salvezza identitaria si nasconde nella romantica promessa di un amore, o forse il pubblico è il crudele specchio a cui tocca riflettere, ma chi riflette chi?

                                                                                                                                                                              Vincenza Di Vita

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